Grazie ragazzi, sul film di Riccardo Milani.

SCHEDA

Regista: Riccardo Milani
Genere: Commedia
Anno: 2023
Paese: Italia
Durata: 117 min
Data di uscita: 12 gennaio 2023
Distribuzione: Vision Distribution
Grazie Ragazzi è un film di genere commedia del 2023, diretto da Riccardo Milani, con Antonio Albanese e Sonia Bergamasco. Uscita al cinema il 12 gennaio 2023. Durata 117 minuti. Distribuito da Vision Distribution.

TRAMA – Di fronte alla mancanza di offerte di lavoro, Antonio (Antonio Albanese), attore disoccupato, costretto a fare il doppiatore di film pornografici, solo, separato, accetta un lavoro come insegnante di un laboratorio teatrale all’interno di un istituto penitenziario. All’inizio titubante, scoprirà del talento vero nella improbabile compagnia di detenuti e questo riaccenderà in lui la passione e la voglia di fare teatro. Antonio riuscirà infatti a convincere la direttrice del carcere, Laura (Sonia Bergamasco) a valicare le mura della prigione e mettere in scena nientemeno che Aspettando Godot di Samuel Beckett su un vero palcoscenico. Giorno dopo giorno i detenuti si arrenderanno alla risolutezza di Antonio e si lasceranno andare scoprendo il potere liberatorio dell’arte. Daranno anche il via a un tour trionfale, ma le sorprese non tarderanno ad arrivare.

CONSIDERAZIONI – Più di cinquecento detenuti e solo tre gli iniziali partecipanti al corso di teatro: questa la scena che si presenta, immediatamente in termini di sfida e profondo impegno, al “professore” Albanese, a pochi minuti della pellicola.

Esilarante la performance tentata del provetto Damiano con la favola del topo intercalato da diverse balbuzie nonché la comparsa improvvisa del quarto aspirante attore, Aziz, con il suo marcato accento romano.

Detenuti in attesa, sempre, di tutto, del colloquio, del pranzo, dell’uscita, come dicono loro stessi, mentre l’uomo delle pulizie assiste incuriosito ai movimenti del diaframma dei partecipanti, in un riecheggiare del più noto Attimo fuggente del maestro che riesce a rivoluzionare il modo di fare poesia.

Un buon lavoro, “da allungare”, con un Antonio talentuoso, che ha molto da dare, fino all’occhio che cade su una foto di Aspettando Godot, 1982, da riproporre per due mesi con i detenuti per tre volte a settimana, con detenuti, semplici uomini, che non sanno chi sia Beckett, sul teatro dell’ assurdo. Persone che sanno cosa significa aspettare, e lo sanno per davvero.

Ecco allora le braccia divenire rami, gli scioglilingua esilaranti svolti in primo piano, le prove più o meno riuscite, l’energia degli aspiranti attori.

E poi la figura di Aziz, “extracomunitario di merda”, bistrattato, da cui trapela invece un’umanità a tratti disarmante e quella di Diego “un detenuto pericoloso e manipolatore, ma che, pur non sapendo leggere e scrivere, “sa recitare pagine di copioni a memoria”, che si presenta un giorno sostituendo un Christian prima entusiasta. Tutto bene fino alla resa del Maestro, e l’intervento franco della direttrice a “rispettare un uomo che fa un corso gratis e si è speso per loro”.

Un film sull’attesa, ma anche sull’impegno preso in prima persona e sul rispetto dell’impegno altrui, un film sull’avere una figura di riferimento, sull’essere un pastore dove, anche tra risse causa diretta di uno spettacolo bloccato per insurrezione, occorre comunque proseguire verso la vetta. Quindi The show must go on, di fronte a un teatro Bellosguardo dove sostera’, per tutta la durata del film, l’insolita scritta “Polizia penitenziaria”.

Da detenuti ad attori, con un pubblico deliziato, per una tournée tutta italiana con il benestare del Magistrato di sorveglianza e il plauso della stampa.

Il resto è lasciato alla diretta visione di spettatori che non intendono “attendere troppo” per gustare un film sotto molti punti di vista didascalico, struggente, in fondo estremamente ottimista e rispettoso degli errori e dei limiti umani, teso alla non mortificazione di chi sbaglia che, attraverso il teatro, riesce a nobilitare se stesso e a regalare agli altri attimi di elevata Arte teatrale, con la sensazione di “aver fatto qualcosa di bello, utile, fino a sentirsi più belli”.

Una bellezza che condurrà gli attori fino alla lontana Argentina, ma questo traguardo sarà chiaro solo agli spettatori che oggi affollano questo spettacolare film intriso di umanità, grinta, talento, istituzioni pubbliche, ricongiungimenti familiari e qualche assenza ansiogena finale degna di un thriller in piena regola, anzi un’attesa infinita degna di provetti fuggitivi riempita dal monologo di un Albanese che riesce a toccare, inesorabilmente, i cuori di noi tutti spettatori, insieme alle note finali di Liberi di Vasco e alle retate della giustizia che, comunque, non può non fare, infine, il suo corso.