Il mobbing cresce a causa del precariato

Il mobbing cresce a causa del precariato
Fonte:http://www.nellattesa.it/archivio/2012/31/03.htm

“U na so-cietà che propone forme esasperate di produttività non può produrre che isolamento. E’ tempo di parlare di solidarietà e responsabilità: solo così si abbatteranno le diffidenze e si produrrà benessere”. Così Vincenzo Figuccia, sociologo presso il Comune di Palermo e rappresentante sindacale CISL, in apertura di un convegno tenutosi recentemente a Palermo presso la Sala Consiliare di Palazzo delle Aquile.
“Il convegno nasce dall’idea di presentare il fenomeno del mobbing nei suoi aspetti psicosociali e giuridici, passando in rassegna le diverse tipologie contrattuali, dalle telecomunicazioni alla formazione professionale, gli aspetti legali e il ruolo dei sindacati”, chiarisce Sabrina Figuccia, presidente dell’Associazione Aion, una delle Associazioni di Volontariato organizzatrici dell’evento.
Il lavoro, in quanto realizzazione della personalità umana, è un diritto basilare e la presenza di malessere in questo ambito un grave danno per la persona. “Per mobbing intendiamo una serie di comportamenti che violano la dignità e la professionalità del lavoratore, consistente in attacchi spesso indiretti, perpetrati da superiori e colleghi, per isolare la vittima e spingerla alle dimissioni. Si va dalle prese in giro agli orari di lavoro disumani all’assegnazione di mansioni inferiori alla propria qualifica o che lasciano pochi spazi di autonomia, fino all’indifferenza totale”, spiega la dottoressa Melidone, Psicologa del Centro Anti Mobbing del Comune di Palermo. Secondo l’esperta, le conseguenze sono devastanti: disturbi psicofisici (insonnia, vertigini, problemi sessuali), emotivi (depressione, fino al suicidio), isolamento sociale e, poiché il problema è la comunicazione all’interno dell’ambiente di lavoro, se non si lavora su questo aspetto i sintomi persisteranno.
Non è semplice dimostrare di essere vittima di azioni mobbizzanti: se ne deve infatti provare la costanza nel tempo e il rapporto causa-effetto con i danni subiti; per di più spesso la paura di perdere il lavoro spinge a non denunciare.
“Oggi si assiste a un calo delle denunce per mobbing che, in un mondo del lavoro precario, diventa ancora più difficile da riconoscere; ecco che le aziende private ricattano con un contratto che, seppur a termine e dequalificante, viene accettato e giustificato in un’economia in forte crisi”, afferma Bombolino, Vicepresidente dell’Associazione Aion, cui si aggiunge Anna Cusimano, presidente dell’Asso-ciazione Forma e Mentis, evidenziando come la logica del produrre di più e in breve tempo, tagliando fuori chi non vi si adegua, sia la regola nei call center, dove esistono poche leggi di tutela.
A tutti può accadere di essere vittima di mobbing: non si tratta di una malattia psichiatrica o medica, per cui è essenziale sapere come reagire. Non dimettersi sotto la spinta dell’emotività, ma restare sul posto di lavoro, cercando di distendere i toni agendo con calma e decisione, senza far capire di essere feriti; in assenza di risultati si può passare alle vie legali.
“E’ obbligatoria la via della conciliazione per cui ci si può rivolgere all’Ufficio Provinciale del Lavoro nella figura del Giudice Unico, con un ricorso che ha una durata minima di 18 mesi; la tutela legale prevede la reintegrazione nel posto di lavoro, o più spesso un risarcimento monetario”, spiega il Prof. Damiani, Avvocato Patrocinante in Cassazione. Un fenomeno subdolo quello del mobbing che non interessa solo i lavoratori.
“Esiste anche la discriminazione nei confronti degli anziani che, senza una collocazione lavorativa, restano, privi di ruolo, ai margini della società del profitto – conclude Sabrina Figuccia – Eppure essi sono da supportare, non da sopportare, e l’idea delle Associazioni di Volontariato presenti a questo convegno è di mettersi in rete, dialogare, per rafforzare il sostegno alle fasce più deboli della popolazione”.